Nel suo 514° anno l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo elegge il nuovo Rettore: al biologo Vilberto Stocchi succede l’economista Giorgio Calcagnini, che per sei anni ha ricoperto il ruolo di Prorettore Vicario e sulla cui candidatura unitaria si sono ritrovate concordi tutte le componenti dell’Ateneo.

 

Nonostante l’esito scontato della votazione, la convergenza sul professor Calcagnini è stata confermata da una grande partecipazione al voto: lo spoglio delle schede, terminato alle 14 di oggi, ha visto alle urne 277 docenti su 329 aventi diritto al voto (84%), 287 tecnici amministrativi su 393 (73%) e 6 dei 10 membri del Consiglio degli Studenti (60%). Un’affluenza complessiva dunque del 77%.

Dei 570 votanti totali, 523 le preferenze per Giorgio Calcagnini, pari al 91,8%, 32 le schede bianche (5,6%) e 15 le schede nulle (2,6%).

“Vorrei innanzitutto esprimere il mio più sentito ringraziamento alle elettrici e agli elettori che mi hanno affidato oggi il compito di succedere al prof. Vilberto Stocchi come nuovo Rettore del nostro Ateneo di Urbino e a coloro che con suggerimenti e idee hanno contribuito a costruire il mio programma” è la prima dichiarazione del nuovo Rettore. “Gli ultimi sei anni come Prorettore Vicario mi hanno permesso di crescere nella consapevolezza dell’importanza che il nostro Ateneo svolge nel mondo della formazione e della ricerca, ma anche per il territorio. Sono stati una scuola che mi ha arricchito con un bagaglio di strumenti e sensibilità alle esigenze di chi lavora e studia in università che torneranno utili per la definizione delle politiche da portare avanti nei prossimi sei anni. Anche di questo ringrazio il Rettore Stocchi. Credo che anche l’esperienza di questi sei anni, e il forte senso di responsabilità di tutti, abbia portato i Dipartimenti a confluire verso la mia come una candidatura unitaria.  

Un ringraziamento particolare va poi a tutti i docenti e al personale tecnico amministrativo che non hanno risparmiato energie per garantire le migliori condizioni di marcia ad un percorso per forza di cose accidentato, attraverso l’impegno giornaliero, la disponibilità a collaborare, e l’uso esteso, spesso nuovo per molti di noi, delle attività in modalità smart working. Sono state nel contempo acquisite nuove competenze e sperimentati inconsueti modelli organizzativi e gestionali, che risulteranno oltremodo utili anche quando la situazione emergenziale attuale potrà avviarsi verso l’auspicata normalità. È stato un anno accademico difficile quello che si sta concludendo a causa della pandemia e ci aspetta una importante sfida per il futuro che ha portato, con forte senso di responsabilità dei Dipartimenti, a confluire verso la mia come una candidatura unitaria. Il Rettore Stocchi lascia l’Ateneo in ottima salute sul piano economico, ma anche per quanto riguarda la dinamica delle immatricolazioni. Sono stati inoltre avviati diversi progetti infrastrutturali, basti solo ricordare la ristrutturazione del Campus Mattei (ex Sogesta) e la nuova sede di Scienze Motorie, che andranno completati e che permetteranno al nostro Ateneo di essere competitivo e di offrire migliori servizi agli studenti. Naturalmente metterò anche le mie specifiche professionalità al servizio dell’Ateneo che, per sua tradizione, è multidisciplinare”

Giorgio Calcagnini è professore di Economia politica e dal 2014 ha ricoperto la carica di Prorettore Vicario all’Università di Urbino Carlo Bo. Dal 1986 al 1998 ha svolto il ruolo di economista presso il Centro studi di Confindustria a Roma, mentre dal 1982 al 1986 ha lavorato all’Istituto per lo Studio della Congiuntura (ISCO) sempre a Roma. Oltre all’attività di insegnamento e di ricerca, ha ricoperto incarichi nei Consigli di amministrazione di istituzioni culturali (Rossini Opera Festival e Istituto Adriano Olivetti – ISTAO) e finanziarie (Cassa di Risparmio di Loreto, BCC del Metauro) e nel Consiglio generale della Fondazione della Cassa di Risparmio di Pesaro. È stato visiting researcher presso l’University of Wisconsin-Madison e la DePaul University – Chicago, e invited speaker presso la Kelley School of Business, Indiana University – Bloomington, la Clemson University, South Carolina, il Ramapo College, New Jersey. Ha inoltre collaborato con la Small Business Administration – Washington D.C. e la Ewing Marion Kauffman Foundation – Kansas City sul tema delle piccole imprese. È autore di numerose pubblicazioni (libri e articoli su rivista) con editori nazionali e internazionali. Tra i lavori più recenti si segnalano gli studi sul ruolo del capitale sociale sul benessere e lo sviluppo economico delle provincie italiane, il ruolo delle università nel trasferimento della conoscenza nella società e nelle imprese, e l’impatto della presenza di imperfezioni nei mercati sulle decisioni di allocazione del credito e sulle decisioni di investimento delle imprese.

Queste, in sintesi, le linee espresse nel suo programma:

La mia idea di Università è di una istituzione che sappia anticipare i cambiamenti nella cultura, nella società e nell’economia adeguando prontamente la propria offerta formativa e i settori di ricerca per creare le migliori opportunità di vita e di lavoro per i nostri laureati.

In una fase difficile come questa dobbiamo tener presente che le crisi sono dei momenti di rottura, talvolta permanenti, con le nostre esperienze passate. Ci spingono a cambiare il nostro modo di stare in mezzo agli altri, i nostri modelli culturali (si pensi al ’68), i modelli di consumo e di produzione. In questi passaggi ci sono dei costi da sostenere, ma anche nuove opportunità. Spesso si sente dire che l’Università dovrebbe essere professionalizzante. Niente di più sbagliato! L’Università deve fornire metodi e strumenti, e aggiornarli di continuo, deve insegnare a imparare e l’utilizzo di approcci multidisciplinari alla soluzione dei problemi risultino più efficaci rispetto a quelli che pongono un’enfasi particolare sull’umanesimo o sulle tecno-scienze. Credo che, per alcuni aspetti, la distinzione tra questi due ultime dimensioni della cultura sia una guerra ideologica e che come tutte le guerre porti solo disastri. In effetti, è ormai ampiamente diffusa l’opinione che senza la cultura umanistica non è possibile affrontare le sfide della società contemporanea.

L’economia marchigiana in particolare, basata sulle piccole imprese, ha funzionato bene fino a quando la competizione internazionale, nei settori economici nei quali si concentrava la maggior parte della produzione regionale, ha messo a nudo le debolezze del modello basato sui bassi costi di produzione. A questo si deve aggiungere anche la crisi del sistema finanziario (bancario) regionale che era stato un altro importante fattore di sostegno alla capacità imprenditoriale dei marchigiani. Per cui piccolo non è più così bello come lo era in passato, ma la crescita dimensionale delle imprese necessaria ad affrontare le sfide dei prossimi anni non significa buttare “il bambino con l’acqua sporca”. Le nostre piccole imprese dovrebbero tendere a diventare un po’ più grandi (l’ottimo sarebbe puntare alle medie dimensioni), anche attraverso la formazione di gruppi. Dovrebbero, inoltre, risolvere il problema del passaggio generazionale. Lo studio delle differenze tra imprese di dimensione diversa mostra che al crescere della dimensione aziendale aumentano il capitale umano e l’impiego di tecnologia. L’Università potrebbe accompagnare le imprese in questa trasformazione attraverso livelli di formazione adeguati ai nuovi contesti, alla ricerca di base e applicata e alla messa a punto di meccanismi più efficaci rispetto al passato di trasferimento dei risultati della ricerca alle imprese, che vanno sotto il nome di Terza missione dell’Università. Ma non esiste un modello di Terza missione superiore agli altri. Ad esempio, una conoscenza non codificata, di tipo più umanistico, richiede una maggior vicinanza tra centri di formazione, ricerca e imprese, rispetto al caso della conoscenza codificata, di tipo scientifico. È importante che l’Ateneo urbinate cerchi quindi di consolidare gli sforzi fatti in questi anni con enti pubblici, associazioni professionali e imprese private per farci conoscere e apprezzare. 

Per dimostrare ai nostri interlocutori che a credere a certi progetti siamo i primi, abbiamo stanziato risorse del nostro bilancio per co-finanziare borse di studio e assegni di ricerca rivolti soprattutto ai giovani. Nonostante gli sforzi fatti, non è infrequente imbattersi in attori del territorio che scoprono “quasi per caso” le nostre eccellenze. Mi piacerebbe che questi attori, prima di rivolgersi ad altri Atenei, verificassero le nostre possibilità di dare una risposta positiva alle loro esigenze. Nel corso del mio mandato mi impegnerò affinché l’Università di Urbino, all’interno del perimetro delle sue competenze, svolga un ruolo propositivo nei confronti del territorio (un esempio potrebbe essere quello di collaborare con le imprese, aiutandole nell’individuare progetti per accedere ai finanziamenti collegati al Recovery Fund). Un tema su cui vorrei misurarmi con le altre istituzioni e le imprese è quello del modello di sviluppo della nostra provincia. Sempre più è necessario affrontare i problemi e trovare le soluzioni più adeguate in un’ottica di sistema. Credo che la nostra Università abbia tutte le competenze per poter svolgere un momento di analisi per far emergere i bisogni del territorio e di coordinamento delle diverse progettualità che superi i confini istituzionali e delle diverse espressioni del mondo produttivo con l’unico obiettivo di un miglioramento della qualità della vita. 

L’attrattività di un ateneo dipende sicuramente dal tipo di offerta formativa, dalla capacità di comunicare in modo semplice e chiaro quali possono essere le opportunità post-laurea di trovare un’occupazione, anche rispondente ai desideri dei nostri giovani. A tal fine è necessaria anche una forte integrazione tra ricerca e didattica perché essere un ricercatore, oltre che un docente, implica un costante aggiornamento rispetto ad un mondo in continua evoluzione. Per questo, come ho detto anche prima, è fondamentale trasmettere ai nostri studenti un metodo di studio e di lavoro che li aiuti a gestire il cambiamento. A questo fine, vanno sicuramente rafforzate le attività di tirocinio che, in molti casi, sono il primo vero contatto con il mondo del lavoro. Un altro fattore è anche l’ambiente dove si studia e Urbino offre sicuramente le condizioni migliori per potersi formare, favorendo un sistema di relazioni tra studenti e tra studenti e professori che ha pochi eguali in Italia e nel mondo. Infine, in periodi di crisi il fattore economico è sicuramente importante. Per l’anno accademico 2020/21 abbiamo elevato a 25.000 euro la fascia di reddito che da diritto all’esenzione del pagamento delle tasse universitarie. I dati a oggi, seppur ancora provvisori, sono molto positivi con tasso di crescita degli immatricolati a due cifre, a fronte di attese di perdite di studenti per il sistema universitario nazionale”.

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