Storica sentenza della Corte Costituzionale che boccia il ricorso del Tar delle Marche contro la legge regionale che autorizza gli agricoltori muniti di licenza di caccia a partecipare all’abbattimento dei cinghiali all’interno delle proprie aziende. Contro il provvedimento avevano fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale alcune associazioni ambientaliste, lamentando che, tra le altre cose, l’estensione ai proprietari dei fondi della possibilità di prendere parte all’attività di selezione prevista dall’articolo 25 fosse di fatto incostituzionale.

Una tesi che la Suprema Corte ha ora respinto, aprendo di fatto la possibilità per tutte le Regioni di seguire l’esempio delle Marche. Un’opportunità importante per porre un freno a un fenomeno, quello della proliferazione degli animali selvatici, che sta devastando le campagne italiane.

La popolazione dei cinghiali è più che raddoppiata negli ultimi dieci anni, salendo a due milioni di capi.  Ma se si considera la sola dorsale appenninica, la concentrazione media sale a un animale ogni cinque abitanti. Il risultato è che nelle campagne si registrano ogni anno danni stimati in almeno 200 milioni alle colture ma a preoccupare sono anche i rischi per la salute provocati dalla diffusione di malattie e soprattutto gli incidenti stradali in grande aumento.

I cinghiali sempre più spesso si spingono fin dentro i cortili e sugli usci delle case, scorrazzando per le vie dei paesi o sui campi, nelle stalle e nelle aziende agricole. Una situazione che costringe ormai le aziende a lasciare i terreni incolti, stravolgendo l’assetto produttivo delle zone.

Ma la proliferazione senza freni dei selvatici sta mettendo anche a rischio l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali. Studi ed esperienze relative all’elevata densità dei cinghiali in aree di elevato pregio naturalistico hanno mostrato notevoli criticità in particolare per quanto riguarda il rapporto tra crescita della popolazione dei selvatici e vegetazione forestale.

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